
Il K2 e Tommaso Lamantia
"Ricordati che è un sacrificio non solo per te che parti, ma anche per chi resta a casa ad aspettare. Usa sempre la testa e portati a casa la vetta."
Nel 2024 Tommaso Lamantia ha affrontato la scalata del K2, la seconda montagna più alta della Terra e uno degli Ottomila più difficili. A raccontare l’impresa è chi lo ha seguito da lontano, passo dopo passo.
Il K2, ChogoRi in lingua locale baltì è la seconda montagna più alta della terra, e tra tutti gli 8000 è uno dei più difficili. Da quando nel 1954 Lacedelli e Compagnoni, con il fondamentale supporto di Bonatti e Mahdi, ne hanno raggiunto la cima, il K2 è diventato la montagna degli italiani, entrando nei sogni, nei racconti e nell'immaginario collettivo degli alpinisti per generazioni. Questa estate, nel settantesimo anniversario della prima salita, la montagna è stata oggetto di attenzione da parte di alcune spedizioni italiane. Queste si sono trovate a fare i conti con il maltempo costante, tra venti forti e nevicate copiose. Dei pochi alpinisti che hanno raggiunto la vetta, senza ossigeno supplementare, c'è il 42enne varesino Tommaso Lamantia: forte alpinista e membro del Club Alpino Accademico Italiano, al suo primo 8000. L'impresa è stata riportata dai quotidiani e dalla stampa specializzata, raggiungendo anche chi non mastica montagna proprio tutti i giorni. Noi abbiamo voluto farci raccontare quei mesi in Pakistan lontani da casa con la voce di chi, avendo organizzato la spedizione o grazie ad un legame con Tommaso, era lontano nello spazio dalla montagna e dall'azione dell'alpinista, ma vicino all'uomo nei pensieri e nelle emozioni.
Per prima cosa facciamoci raccontare chi è Tommaso Lamantia da Mauro Penasa, presidente del Club Alpino Accademico Italiano:
"Tommaso è un alpinista appassionato, che apprezza le sfide e l’avventura. Ha scalato di tutto sulle montagne di casa e in giro per il mondo: dalle spedizioni esplorative alle big wall più difficili. Ora ha aumentato ancora il suo enorme bagaglio di esperienze con una spedizione in altissima quota: è decisamente una figura di alpinista completo. Essere così polivalenti non è facile: richiede una determinazione non comune, che è certamente la sua qualità migliore."
È cambiata la tua visione di Tommaso dopo questa spedizione al K2?
"No, mi ha solamente confermato la sua determinazione, il fattore fondamentale per raggiungere obiettivi importanti. Ed anche la sua mentalità essenziale, in grado di concentrarsi sulle cose importanti. Riuscire a farlo a casa già non è facile, ma ancora più difficile e non scontato è portare questa mentalità nelle spedizioni extraeuropee: quando si è catapultati fuori dalla propria sfera di confidenza bisogna muoversi con decisione ma senza improvvisare."
La spedizione si proponeva di salire sia il Broad Peak che il K2: un obiettivo ambizioso che è stato raggiunto come squadra, dal momento che Tommaso Lamantia è arrivato in vetta al K2, mentre Gian Luca Cavalli e Cesar Rosales hanno toccato la vetta del Broad Peak.
"Sono certo che, partecipando ad una simile avventura, tutti accarezzino l’idea di arrivare in vetta a tutte le montagne, ma non è facile perché bisogna rispettare i tempi dell'acclimatamento. Per il poco che ci ho capito, acclimatarsi è una cosa delicata e molto personale, richiede i giusti tempi e adeguato riposo che, alla quota dei Campi Base, non è così scontato né uguale per tutti. Ma anche senza perderci dietro alla criticità della permanenza in quota, chi comanda poi è la montagna: con il bel tempo è qualcosa che ha poco a che fare con la vera essenza, ovvero il suo essere un luogo decisamente inospitale, specialmente alle alte quote.
L’idea di salire Broad Peak e K2 uno dietro l'altro è allettante, ingolosisce, e non è sbagliata, perché permette di acclimatarsi su un 8000 più basso e più semplice. Ovviamente il K2 è il vero obiettivo, quindi se non ci si libera presto del Broad Peak si corre il rischio che le finestre operative non siano poi sufficienti per salire il K2. Se si punta invece prima al K2 è difficile mantenere la concentrazione anche per l’altra montagna, più semplice e più bassa, ma assolutamente non regalata."
Che percentuale di successo davi a questa spedizione?
"Nonostante la scarsa esperienza in alta quota dei partecipanti non avevo dubbi nelle loro capacità e nel fatto che avrebbero tutti raggiunto la cima. L’ambizione della spedizione di salire entrambe le vette era secondo me giustificata, poiché le difficoltà tecniche non sono elevate e non c’è un vero e proprio isolamento. Ci vuole però una stagione favorevole e deve andare tutto bene. Se il meteo si mette di traverso, nonostante si abbia tanto tempo a disposizione al Campo Base le probabilità di successo scendono in fretta. Insomma, in montagna ci vuole un po’ di fortuna, anche se, come diceva Pasteur: la fortuna aiuta le menti preparate. Da questo punto di vista l’esperienza gioca un ruolo importante, insieme ad un po’ di audacia e di risolutezza."
Come è andata quest'anno?
"Il tempo non ha certo aiutato. La prima finestra utile è stata a fine luglio, e si è rivelata più o meno l’unica. Tommaso l’ha sfruttata al meglio, programmando la salita in quel momento nel modo più corretto, ovvero senza cercare di fare una tirata unica dal Campo Base a Campo 3, che non è cosa da tutti, specialmente senza esperienza di alta quota. Gianluca e Cesar in quei giorni erano sul Broad Peak ed hanno giustamente voluto completare quello. Il fatto che dopo non ci sia stato il tempo sufficiente per fare il K2 è stato dettato un po’ dalla sorte che ha sparigliato le cose".
Credi che questa conquista possa portare valore aggiunto all’Accademico e possa essere di ispirazione per altri?
"L’alpinismo è una questione molto personale, ancor più quello extraeuropeo. Detto questo sono senz’altro utili delle avventure che siano fonte di ispirazione per gli altri scalatori. Penso però che la platea di chi possa essere davvero interessato al K2 sia abbastanza contenuta, perché la figura del collezionista di 8000 è un po’ passata di moda. L'interesse dei giovani è di certo più vivo per le grandi pareti di roccia, dove potenzialmente potrebbero trovarsi più a loro agio.
Ho anche l’impressione che diminuisca sempre più il numero di quanti si muovono verso l’avventura extraeuropea, magari solo per problemi organizzativi o di budget… e anche perché c’è un po’ di timore nel gettarsi in un’avventura che, almeno le prime volte, condiziona molto l’attività di intere stagioni, inclusa la vita di tutti i giorni. Una spedizione evidentemente non è per tutti, e riserva un mucchio di inaspettate sorprese.
Salire un 8000 è comunque sempre un’esperienza importante che non può che completare la figura di un alpinista. Chi scala montagne, specie se molto alte ed in solitudine e autonomia, ne scende con una maggiore consapevolezza di sé. Ciò vale anche per chi partecipa ad una spedizione e si impegna nell’organizzazione e nella salita, non importa se poi si raggiunge la cima o meno. Quindi ben vengano queste avventure e questi successi. Avere tra le file dell'Accademico chi si impegna così tanto per un sogno non può che far bene, e rende il gruppo più vivo."
Stefania Modica, moglie di Tommaso, ha seguito ovviamente ogni step della spedizione, supportando i sacrifici e gli allenamenti di Tommaso prima della partenza e condividendo la salita grazie alle comunicazioni satellitari. Riuscivi ad avere informazioni abbastanza precise e puntuali?
"Sì direi di sì. Fortunatamente con il satellitare potevamo scambiarci diversi sms, sempre chiari e coincisi. Dovevamo essere sintetici, perche altrimenti i messaggi arrivavano spezzettati e sconclusionati. Le chiamate sono state forse 2 in 2 mesi e di una manciata di minuti, ma è stato meglio di niente."
Cosa gli hai raccomandato prima di partire e cosa gli hai detto una volta che è tornato a casa?
"Prima ancora di partire gli ho detto: è un tuo sogno da quando ci conosciamo quindi ti devi mettere sotto seriamente con allenamenti e preparazione perché non ci sarà nulla di banale. Ricordati che è un sacrificio non solo per te che parti ma anche per chi resta a casa ad aspettare. Usa sempre la testa e portati a casa la vetta.
Poi due giorni prima della partenza di Tommaso ho scoperto di essere incinta e glielo ho detto. Saremmo quindi state in due ad aspettare a casa: un altro ottimo motivo per essere prudente. Nei momenti dove le condizioni meteo sembravano non voler dare nessuna chance gli scrivevo: anche Bonatti non è arrivato in cima ma rimane uno dei più grandi alpinisti della storia.
Quando è tornato a casa non gli ho mai detto grandi cose perché ho un carattere un po’ chiuso e poco espansivo ma non ho mai dubitato delle sue capacità. So bene quanto è testardo e sapevo che avrebbe sfruttato al massimo anche l’unico e ultimo raggio di sole per arrivare in cima."
Come hai vissuto questi mesi?
"Questi mesi sono passati abbastanza in fretta, fortunatamente il lavoro mi impegnava tutto il giorno, le giornate non hanno subito grandi cambiamenti. Nel tempo libero andavo a scalare con gli amici o li beccavo per una pizza. Devo dire che mi sono stati molto vicini e li ringrazierò sempre. L’unica nota dolente sono state le prime visite della nostra bambina. Mi è dispiaciuto non averlo vicino e vivere con lui queste emozioni ma stiamo recuperando."
Che tipo di emozioni hai provato durante le ore cruciali del tentativo di vetta?
"Quando mi ha detto che partiva per provare a salire in cima dentro di me si è accesa tutta la speranza nella buona sorte. Non sono credente ma in questi casi ti ritrovi a pregare chissà chi, chissà che cosa, che vada tutto bene. Sono state ore molto tese: cercavo di tenermi impegnata, ma correvo al telefono con il cuore in gola ad ogni messaggio.
Quando mi ha scritto che era arrivato in vetta ero felice ma non ancora tranquilla: so bene che gli incidenti succedono sempre in fase di discesa. Gli ho detto che era grande e di recuperare le ultime energie e lucidità per affrontare la discesa. Quando mi ha scritto che era al campo base, finalmente, mi sono rilassata."
Anche il papà Lino Lamantia e la mamma Luisa Franzetti hanno seguito da distante l'avventura del figlio. Ma quanto siete stati in pensiero da 1 a 10?
"10! Nonostante siamo ben consapevoli della sua preparazione e del suo buon senso, avevamo sempre paura degli imprevisti."
Come avete vissuto questa spedizione di Tommaso?
"All'inizio eravamo abbastanza tranquilli, ma quando abbiamo saputo che ci sarebbe stata una finestra di bel tempo e che avrebbe tentato di raggiungere la cima abbiamo cominciato a non dormire la notte. Eravamo preoccupati più di tutto per la discesa, che è più pericolosa della salita. Abbiamo davvero seguito dal vivo i momenti salienti della sua spedizione. È stato diverso dal solito, perché le altre volte che ha fatto grandi avventure o salite impegnative in montagna siamo venuti a saperlo a fatto compiuto, quindi con relativamente poca preoccupazione. Capite bene però che con un figlio così intraprendente non si può mai stare tranquilli!"
E poi è arrivata la notizia della cima! Come vi siete sentiti?
"L'emozione che abbiamo provato è stata una grande gioia perché la sua felicità è anche la nostra. È anche, diciamocelo, un grande orgoglio, non capita tutti i giorni un'impresa così importante. Adesso nella nostra vita arriva un'altra gioia in più: aspettiamo la nipotina Olivia!"

Abbiamo raggiunto anche Matteo Della Bordella, forte alpinista della famiglia Scarpa® e normalmente abituato a vivere le spedizioni sul campo, non "da casa".
Matteo, conosci Tommaso da tempo, avete scalato insieme sulle Alpi, quando ti ha detto che sarebbe andato al K2 cosa hai pensato?
"Ho pensato che era finalmente pronto per provare a realizzare un suo grande sogno: è da quando lo conosco che lo sento parlare di questo K2 e quindi mi sono detto oh finalmente ci prova. Ho pensato: Time is now!
Io sono fuori dal mondo degli Ottomila, ma sapevo bene che anche Tommy era totalmente senza esperienza di altissima quota. Molto probabilmente non ce l'avrebbe fatta, ma pensavo tra me e me che avrebbe vissuto comunque un'esperienza preziosa per il futuro."
Gli hai dato qualche consiglio per affrontare al meglio la spedizione?
"Il consiglio che gli ho dato è stato di stare tranquillo, non avere fretta e all'inizio risparmiare le energie, perché la spedizione sarebbe stata lunga e difficile sia fisicamente che mentalmente."
Come gli sei stato vicino quando era in Pakistan?
"Quando un amico va in spedizione controllo spesso il meteo e le condizioni della zona dove si trova perché in questo modo posso capire meglio la sua situazione. Con Tommy è stato proprio così, ho seguito gran parte della loro spedizione da casa e ci sentivamo molto spesso via messaggio. Cercavo un po' di immedesimarmi in lui e provare a consigliargli qualcosa dal punto di vista di un alpinista esterno, non coinvolto, ma che allo stesso tempo è aggiornato sulle condizioni e su quello che succede."
E poi sei partito per la Groenlandia.
"Si, solo poco prima del suo tentativo di vetta io sono partito per la Groenlandia e in quel momento nelle mia avventura. Negli ultimi messaggi che ci siamo scambiati prima del suo tentativo di vetta ero onestamente un po' preoccupato. Sapevo che avevano avuto un acclimatamento non ottimale e con tante difficoltà, ma allo stesso tempo percepivo in Tommy una grandissima determinazione. Ho cercato di metterlo alla prova dicendogli Io fossi in voi andrei al Broad Peak. Lui non ha fatto una piega e mi ha risposto: Io sono qui per il K2, preferisco provare il K2 senza successo. Questa è una grande prova di determinazione e lo capisco in pieno!
Allora gli ho detto di stare tranquillo, che il momento prima o poi sarebbe arrivato. Dopo che Tommy ha fatto la cima, io mi trovavo ancora in Groenlandia e abbiamo continuato a sentirci. Io e i miei compagni di spedizione stavamo incontrando le nostre difficoltà ed eravamo già tornati indietro 2-3 volte senza successo. Allora è stato Tommy a scrivermi: stai tranquillo che il momento arriva. E a posteriori ci siamo fatti una risata!
Comunque quando ho saputo che era riuscito ad arrivare in cima sono stato incredibilmente felice per lui: sapevo che aveva realizzato il suo sogno. Ero anche genuinamente un po' sorpreso perché considerando la sua poco esperienza pregressa e il contesto difficile, aveva veramente fatto un grande numero, superando sé stesso e dimostrando grande classe e talento alpinistico. Soprattutto però ero e sono ancora più felice per un amico che ha realizzato qualcosa a cui teneva davvero tanto!"
Fabrizio Manoni, Guida Alpina con molta esperienza himalayana, ha vissuto diverse avventure in montagna con Tommaso:
"Ho conosciuto Tommy non molto tempo fa. Assieme a lui e a Luca Moroni ho aperto la difficile Rück&Roll sulla est del Mittelrück. Una parete iconica per noi ossolani. Poi siamo stati insieme sul Monte Rosa per un altro progetto che non abbiamo ancora finito di concretizzare. Conoscevo il suo curriculum di grande spessore: condividendo salite impegnative ho avuto modo di apprezzare il suo temperamento."
C'era qualcosa che ti preoccupava del K2 e che non hai avuto il coraggio di dirgli?
"Quando mi ha detto che sarebbe partito per tentare il K2 mi sono preoccupato: non conosco il K2, ma le logiche commerciali con tutti i loro effetti nefasti sull'alpinismo si.
Gli ho fatto alcune raccomandazioni che derivavano dalla mia esperienza e dal cinismo che ho avuto modo di sperimentare a quelle quote. Avrei voluto dirgli: Bella l'Himalaya, ma non andare sul K2. Vai su una delle altre migliaia di montagne che ci sono là vicino!
Sono stato zitto perché temevo di togliergli il grande entusiasmo che mostrava. E poi credo che ognuno debba farsi una sua idea e che per farlo debba sperimentare."
E poi, zitto zitto, senza pronostici favorevoli e senza clamori, Tommaso è arrivato in vetta.
"Quando ho saputo che era arrivato in cima nonostante l'insuccesso della spedizione italiana che si apprestava a sbaraccare ho detto ai miei amici: se c'è uno sul quale avrei scommesso che sarebbe arrivato in cima, questo era proprio il Tommy. Un bel testone che difficilmente molla."

Infine abbiamo contattato Andrea Formagnana, Presidente del CAI Biella, tra gli organizzatori della spedizione. Perché, anche se Tommaso è arrivato in cima da solo, l'alpinismo ha spesso una forte componente sociale e il suo successo è stato la gioia di una comunità intera.
Pensi che l'impresa di Tommaso possa appassionare o quanto meno avvicinare i cittadini di Biella alla montagna?
"I cittadini di Biella sono in realtà da sempre appassionati di montagna e alpinismo. Biella si trova ai piedi delle Alpi e per molti biellesi, se costretti per ragioni di lavoro o di studio a lasciare la città, non vedere la skyline delle loro Alpi, è un motivo di malinconia. Non dimentichiamo che Quintino Sella, fondatore del CAI, è nato qui. Così come il nipote Vittorio, pioniere della fotografia di montagna (ndr: anche Tommaso Lamantia fa di mestiere il fotografo professionista e designer). Da allora esiste una lunga tradizione di alpinismo e alpinismo esplorativo. Si passa da nomi leggendari come padre Deagostini, Mario e Guido Piacenza per arrivare a Guido Machetto, e in anni più recenti a Enrico Rosso, Mauro Penasa, Gian Luca Cavalli. È stato quest'ultimo a coinvolgere Tommaso nella spedizione del K2. Sono sicuro che Tommaso, insieme al giovane Matteo Sella, che è salito sul K2 fino a quota 8200 metri, potranno coinvolgere le giovani generazioni e appassionarle alla pratica di questa meravigliosa disciplina che è l’alpinismo."
Credi che il successo di questa spedizione possa portare un valore aggiunto alla città di Biella?
"Certamente. Il K2 dal 1954 è la montagna degli italiani, ma è anche la montagna dei biellesi. Oggi, dopo la spedizione del 2024 fortemente voluta dal nostro CAI, lo è ancor di più. Nel 1909, al seguito del Duca degli Abruzzi, c’era Vittorio Sella che ha realizzato una straordinaria documentazione fotografica della montagna e del Baltoro. Queste immagini sono conservate qui alla Fondazione Sella. Il successo della spedizione del 1954 si basa in parte anche sullo studio di quelle fotografie. E non dimentichiamo il ruolo chiave dell’accademico biellese Ugo Angelino in quella spedizione che terminò con la prima ascesa del K2 per opera di Lino Lacedelli e Achille Compagnoni. Quella fu un’impresa collettiva, del gruppo. E Angelino fu un uomo squadra, fondamentale nella gestione della logistica. Con la spedizione 2024, con Tommaso in vetta, Matteo che è arrivato a 8200, fermato solo dal mal di denti, e con Gian Luca Cavalli e Cesar Rosales in vetta al Broad Peak, direi che Biella rinsalda il suo storico legame con il K2 e le splendide montagne del Baltoro".
Che emozioni hai provato seguendo la spedizione passo passo, dalla preparazione al ritorno a casa?
"Ho seguito con Gian Luca Cavalli, accademico della nostra sezione, ogni fase della spedizione. In realtà già da prima che si concretizzasse l’idea. Gian Luca era reduce da una spedizione sulle Ande peruviane dove aveva conosciuto la guida andina Cesar Rosales. Cesar era stato formato come guida grazie ai progetti di cooperazione internazionale Mato Grosso. Nella sua formazione un ruolo importante lo aveva avuto il biellese Enrico Rosso. Diciamo quindi che Cesar può essere considerato un biellese d’adozione. Di ritorno dal Perù Gian Luca mi viene a dire: Sono pronto per il K2. Beh diciamo che per un presidente del CAI avere un alpinista della sezione che ti viene a dire una cosa del genere non può che generare entusiasmo. E sulla spinta di questo entusiasmo ci siamo messi al lavoro per concretizzare un sogno. In più abbiamo coinvolto nell’impresa un artista biellese, Paolo Barichello, che ora espone al Forte di Bard, che ha voluto realizzare un’opera dedicata alla pace da portare al campo base. Per noi biellesi l’alpinismo è una scelta etica e deve sempre avere un messaggio da consegnare ai coevi e ai posteri. Ho avuto la fortuna di salire al campo base del Broad Peak e del K2 e di accogliere i nostri alpinisti di ritorno dalle loro imprese su quelle montagne. Le emozioni provate sono indescrivibili."
Conoscevi Tommaso prima della spedizione?
"Di Tommaso conoscevo la fama come alpinista membro dell'Accademico e come fotografo, non lo conoscevo di persona. È proprio un alpinista sui generis, ha una spiccata personalità e una grande carica di simpatia. Non si può non volergli bene, ha una forte carica empatica!"